VOCI DAL LAGER, incontro con MARIO AVAGLIANO… per non dimenticare!

Sabato 2 Febbraio 2013, il Liceo Linguistico Europeo “Villaggio Dei Ragazzi” ha incontrato Mario Avagliano, per la presentazione del libro “Voci Dal Lager, Diari e lettere di deportati politici 1943 – 1945”Einaudi.

L’incontro si inserisce nel Progetto “L’olocausto di ieri e di oggi: un’inchiesta nella storia attraverso la lettura, la scrittura e la recitazione”.

Voci dal Lager”  Classe III A

Quel poco sole che si vede ogni tanto è a scacchi“. (Odoardo Focherini)

E così, era ormai per quelle anime imprigionate in un universo colmo di paura. Andavano avanti sperando, non sapevano nulla di nulla, si saziavano di un silenzio che non faceva altro che compiangerli. I deportati, corpi vaganti, senza luce, trascorrevano così le giornate.

Basandoci sulle testimonianze scritte, possiamo percepire le indescrivibili violenze fisiche e mentali che queste persone subivano.

Anche se la tragedia avanzava inesorabilmente, il saper di non aver commesso nulla e l’essere convinti di un’Italia giusta, alimentava le speranze di quel popolo, ancora pieno di vivi. qui, nelle carceri, ancora avevano modo di pensare al mondo al di fuori delle sbarre, a cosa la vita avrebbe riservato loro una volta che i giusti (in cui tanto speravano) avrebbero chiarito quel disonesto malinteso.

Ma i carri iniziarono a partire e in tanti cercavano luce tra le schegge di legno. Più luce si intravedeva, più voglia c’era di uscire. I primi a morire furono proprio coloro che videro la luce appena i carri si fermarono. In tanti restarono dentro e i carri ripartirono. Fu in quel momento che ci si rese conto che l’esser giusti non rendeva liberi. E dopo il muro ci fu morte.

Impazzivano, impazzivano, chiedevano aiuto, senza forza, senza speranza, senza una vita in grado di sorreggerli, sostenerli, soli, bui, imploravano la morte che sarebbe stata la fine di una sofferenza, di un dolore che li trefiggeva, che li lacerava nel profondo. Col passare dei giorni, dei mesi, degli anni, così anche le loro vite, di corsa…

Finalmente, sedevano in un posto migliore, si addormentavano pacati, in un sonno eterno. Mentre la primavera fioriva, giungeva luminosa nel mondo, lì no, non c’era primavera, l’inverno buio era eterno.

Ma l’alba giunge. Venne un giorno, anzi venne “il giorno” in cui un calore liberatorio avvolse il cuore di tutti, che era troppo gonfio per la felicità del ritorno. Come un sogno, il sogno più bello della loro vita, uscivano dall’inefrno a testa alta, avevano combattuto come guerrieri e, come tali, noi li ricordiamo e li ricorderemo per sempre.

Grazie per averci regalato la possibilità di entrare nell’animo di queste persone!

 

Voci dal Lager Classe IV A

Vuoto: è un attimo e perdi tutto. In meno di un istante, ti ritrovi catapultato all’inferno e la tua vita semplice, nella sua infinita grandezza, ti appare lontana. Ed è allora, non ti resta che il ricordo sbiadito di un camino acceso, il profumo lontano di una briosche appena sfornata, la sensazione di bagnato sulla pelle di un prato di rugiada. Ed è allora che ti assale la sensazione di aver perso tutto e ti senti smarrito perchè non vuoi arrenderti a chi ti racconta, con violenza ostinata e con convinta follia, una storia surreale.

Ecco, il racconto tanto temuto, sino ad ora soltanto percepito, si traduce in realtà. La speranza di un cambiamento, di un naturale ritorno alla normalit svanisce con l’ingresso nel lager. Hai perso tutto, amico mio. Se fino ad ora, il pensiero della vicinanza dei tuoi cari ti ha sostenuto, qui, nelle gelide e fredde carceri, in questo momento, il pensiero di non poter più abbracciare tuo figio, di non poter guardare tua moglie con dolce complicità, di non poter più stringere i tuoi cari, ti logora, ti fa impazzire, ti priva delle tue ultime forze.

Ed è proprio quando tutto sembra perduto, perchè stanno per mettere a tacere il tuo corpo che una voce grida dentro di te, una voce più potente dell’odio e della pazzia umana, una voce che squaecia la storia e arriva a noi, con il suo grande insegnamento: “il corpo potrà soffrire, l’anima potrà soffrire ma una cosa non muore mai: l’idea”.

A quell’idea noi ci aggrappiamo con tutti noi stessi, con energia e indignazione. Viviamo, consci del valore della vita, di una vita spesa non a scegliere il miglior abito per il nostro corpo ma quello che deve vestire il nostro animo.

Cosa. dunque, potrebbe contare l’animo, se l’animo è spoglio?

 

 

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